Vino cotto d’Abruzzo, frutto della creatività contadina

Quando il raccolto va male le strade son due: piangersi addosso o giocare d’inventiva. Da queste premesse prende vita il Mosto Cotto d'Abruzzo

by Chiara Cecamore
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L’enogastronomia è la storia più sincera e autentica che una terra possa raccontare. Sì, anche più vecchia, perché diciamocelo, bere e mangiare sono le priorità dell’uomo ma mangiare e bere bene sono vere e proprie forme d’arte e amore. È una coccola per regalarci un momento di relax e gusto da condividere o studiare in solitaria. 

Dopotutto, siamo frutto di quel che mangiamo…e beviamo!
Vino cotto
Sull’enogastronomia si son fondate tante tradizioni culinarie e buone abitudini che raccontano la storia di un popolo ancor prima che diventasse politicamente e geograficamente affermato. Per questo è importante lasciare spazio anche alla sua storia per poterla assaporare al meglio.

Chi vive della terra ne conosce i suoi cicli, dipende dai suoi periodi e da tutti i fenomeni climatici che possono portare alla distruzione di un intero anno di lavoro; può capitare che un raccolto vada male e in periodi di dura povertà le strade son due: piangersi addosso o sfruttare l’inventiva. 

La storia che vorrei narrarvi è la storia del vino cotto d’Abruzzo che nasce proprio dalla creatività dei contadini.

Oggi il vino cotto è patrimonio enologico della regione Abruzzo, un tesoro gastronomico che abbraccia tutta l’area dalle pendici della Majella fino al Gran Sasso. Ma per arrivare a questo punto è giusto capirne l’origine.

La sua nascita avviene dalla necessità di ritrovarsi con un raccolto andato a male o dalla decisione dei proprietari terrieri di tenere per loro stessi l’uva più bella, lasciando ai contadini quella marcia. Da qui l’inventiva di escogitare un piano per non rendere vano il duro lavoro nei campi, escogitando un procedimento capace di migliorare la qualità e la conservazione, riuscendo spesso ad ottenere un vino che fosse migliore di quello del padrone.

Circa la sua preparazione si è ripresa un’antica tradizione greca, ovvero, portare a ebollizione il mosto.

Il procedimento della cottura, infatti, rendeva il vino meno acido e quindi poco soggetto a trasformarsi in aceto.

paiolo rame vino cotto abruzzo

Un tempo la lavorazione partiva direttamente dalle uve autoctone prodotte da un antico metodo di allevamento chiamato alberate, che prevedeva l’utilizzo di alberi da frutto al posto degli attuali pali in cemento o legno, ne veniva ricavato il mosto e versato in una grossa pentola di rame, LU CALLARE, dove all’interno veniva collocato il PENCIO di terracotta per non far interferire il rame con il vino, spesso venivano utilizzati anche dei cocci di piatti; il tutto veniva portato a ebollizione fino ad una riduzione del volume del mosto, approssimativamente di un terzo dal volume originario, una volta raffreddato veniva trasferito in caratelli di legno (Carratum-vino sui carri, simili alle botti ma più stretti di diametro e lunghi, sicuramente più comodi per il trasporto) con l’aggiunta di mosto fresco, fatto riposare per una lenta fermentazione e poi trasferito in botti di rovere per l’invecchiamento di minimo un anno.

Oggi la lavorazione è stata affinata ed in base alla zona vitivinicola ci sono sfumature differenti, anche se, la vera differenza la fa l’ingrediente segreto che si tramanda di generazione in generazione secondo le tradizioni familiari. Possono esistere anche diverse varianti di vino cotto che dipendono dalla tipologia dell’uva scelta purché sia autoctona; è abbastanza diffusa la pratica della colmatura, o meglio IL RABBOCCO, ricavato unendo il vino cotto di nuova produzione a quello degli anni precedenti, anche grazie a questa pratica l’Abruzzo può vantarsi di produzioni con invecchiamento centenario.

Inoltre, sempre in base alla zona di produzione e al residuo zuccherino, il vino cotto può essere secco o dolce, mantenendo in entrambi i casi un buon finale sapido. Sono caratteristici il suo colore ambrato, il gusto che mette in risalto il caramello e la grande complessità aromatica e freschezza che ne vanno a bilanciare la dolcezza.

L’utilizzo del vino cotto a tavola ha origini secolari, infatti, quando fu scoperto dai romani, fu introdotto come bevanda preziosa per accompagnare i grandi banchetti di generali e patrizi, dando prestigio alla terra Picena che si estendeva dalla costa Teatina fino a Macerata, prestigio non solo in ambito culinario ma anche in ambito socio economico, poiché la cura maniacale delle botti acquisivano talmente tanto valore che spesso venivano lasciate in dote.

Negli anni ne è diventata tradizione che il padre dello sposo lo offrisse agli invitati a fine pasto, preparato alla nascita del figlio e conservato in una delle botti fino al giorno delle sue nozze.

Il vino cotto è categorizzato come unico vino dolce della regione Abruzzo, perfetto con tutti i dolci secchi, soprattutto se con le mandorle e anche ottimo da sorseggiare a fine pasto.

Ma se a Natale regalassimo del vino cotto da condividere in famiglia raccontando questa storia?! ..quale dolce ci abbineresti?!

A dirla tutta, per chi ha il palato estremo come me, il consiglio che mi sento di dare è un abbinamento a formaggi stagionati.

Enjoy Abruzzo, enjoy good feelings.

Botti chiara cecamore taste abruzzo



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