Nel cuore dell’Italia, tra le maestose vette dell’Appennino, si erge la città di L’Aquila, un luogo ricco di storia, cultura e tradizione che ha recentemente ottenuto il prestigioso titolo di Capitale Italiana della Cultura per l’anno 2026. Questa nomina non solo celebra lo straordinario patrimonio culturale della città, ma rappresenta anche un’opportunità per far conoscere al mondo intero la sua ricchezza artistica e storica.
Un viaggio nella storia dell’Aquila, città del numero 99
Per capire un luogo, le sue tradizioni e le sue genti, bisogna conoscere le sue origini, e quelle dell’Aquila affondano nel 1254, quando la città venne fondata per volere di re Corrado IV di Svevia, figlio dell’imperatore Federico II. All’epoca della fondazione, la città fu edificata da una federazione di 99 castelli. A ogni castello fu assegnata un’area su cui edificare il proprio rione, con tanto di piazza, fontana e chiesa. Per queste motivo, il numero 99 è profondamente legato alla storia della città capoluogo d’Abruzzo. Secondo alcuni storici, i castelli della fondazione non sarebbero stati 99 ma 60. Precisazioni storiche a parte, L’Aquila ha conservato nel tempo il suo legame con il numero 99 grazie anche alla costruzione di uno dei simboli più affascinanti e belli della città antica: la Fontana delle 99 Cannelle. Quest’ultima si trova nella zona più antica del centro storico chiamata Borgo Rivera ed è posta all’interno delle mura urbiche medievali. Fu questo il sito scelto per la fondazione della città, un luogo chiamato Acquilis o Acculi o anche Acculae, per l’abbondanza delle sorgenti che vi si trovavano e vicina anche al fiume Aterno.
Fu dunque scelto per la nuova città il nome di Aquila, che riprendeva il toponimo già esistente, ma che richiamava anche l’emblema dell’aquila imperiale, secondo il Diploma di fondazione attribuito all’imperatore Corrado IV.
Nel 1259, la città appena fondata fu rasa al suolo da Manfredi per essere rimasta fedele alla Chiesa nella contesa tra papato e impero. Ricostruita da Carlo I d’Angiò, cui L’Aquila si sottomise spontaneamente, nel 1276 iniziarono i lavori per la costruzione della cinta muraria. Nel 1272 a opera di Lucchesino da Firenze la città venne suddivisa in quarti donati ai castelli fondativi: Quarto di San Pietro, Quarto di Santa Maria Paganica, Quarto di Santa Giusta e il Quarto di San Giovanni qui, ogni comunità, realizzò una piazza con una chiesa, consacrata allo stesso santo del castello, e una fontana.
Nel corso dei secoli, L’Aquila ha vissuto tragici terremoti, di cui i monumenti mostrano le tracce. La città ha vissuto anche una sanguinosa guerra tra i D’Angiò e gli Aragonesi che, nel 1423, assoldarono il condottiero Fortebraccio promettendogli la signoria in caso di conquista. Ma L’Aquila seppe respingere l’assedio del temibile condottiero.
Nel Cinquecento, L’Aquila venne occupata da Filiberto d’Orange, viceré e luogotenente del Regno di Napoli, saccheggiata e costretta a versare nelle casse spagnole una esosa tassa. E’ dell’epoca il Forte spagnolo o Castello Cinquecentesco.
Sarà Margherita d’Austria a donare alla città un nuovo momento di particolare splendore, alla fine del Cinquecento. La sovrana, già governatrice dei Paesi Bassi, fece ritorno in Italia nel 1568 per dedicarsi all’amministrazione dei feudi abruzzesi del Regno. Il periodo di stabilità continua nel Seicento anche grazie al ruolo svolto dai padri Gesuiti cui si deve la realizzazione dell’Aquilanum Collegium, nucleo fondativo dell’odierna Università dell’Aquila.
Ma nuovi eventi sismici colpirono la città nel 1646, nel 1672 e infine nel 1703, quando L’Aquila viene completamente rasa al suolo. La città viene ricostruita ancora, questa volta nelle forme del barocco. Dopo gli spagnoli, si succederanno i francesi e poi i Borbone. Durante il Risorgimento, gli aquilani parteciparono ai moti rivoluzionari sotto la guida di Pietro Marrelli che il 20 novembre del 1860 ospitò in città Giuseppe Mazzini.
Tra Ottocento e Novecento le grandi opere urbanistiche, i giardini della Villa Comunale e il viadotto per Collemaggio, il Teatro Comunale, il Palazzo dell’Esposizione (l’Emiciclo) e i Portici.
Nel ventennio fascista, invece, verrà sistemata l’area settentrionale della città, con l’installazione della Fontana Luminosa e la realizzazione della zona degli impianti sportivi. Nel 1943, dopo l’armistizio, nell’albergo di Campo Imperatore venne imprigionato Benito Mussolini, poi liberato dai tedeschi che occuparono la città e diedero inizio ad un periodo di violenza e terrore conclusosi solo con la loro ritirata, il 13 giugno 1944.
Nel secondo dopoguerra, L’Aquila ha vissuto un momento di crescita demografica che ha portato all’espansione edilizia al di fuori del circuito murario. Gli anni ’70 del Novecento furono caratterizzati dalle battaglie politico-amministrative con Pescara che tuttavia non è riuscita a ottenere il Capoluogo di Regione. Il 6 aprile 2009, alle ore 3:32, la città fu colpita da un terremoto di magnitudo 6,3 della Scala Richter che ha scandito nuovamente una storia in continua trasformazione e che, ancora oggi, stiamo recuperando e riscrivendo.
Adelchi Serena e il progetto turistico del Gran Sasso d’Italia
Adelchi Serena apparteneva a una famiglia di piccoli commercianti dell’Aquila. Nel febbraio del 1921 si iscrisse al Partito Nazionale Fascista e nel febbraio del 1922 entrò nel direttorio cittadino del partito, ricoprendo la carica di segretario federale del fascio cittadino da quell’anno al 1923. Nel 1926 fu nominato podestà della città dell’Aquila, incarico che mantenne fino al 1934.
Come podestà sponsorizzò nel 1927 la nascita della Grande Aquila, ma soprattutto fu promotore della nascita turistica del territorio, facendo realizzare la Funivia del Gran Sasso d’Italia e l’Hotel Campo Imperatore, e della costruzione una serie di edifici e monumenti cittadini, tra cui lo Stadio del Littorio, la fontana vecchia di piazza del Duomo e il palazzo della GIL. Sponsorizzò anche la nascita della squadra calcistica cittadina, di cui fu il primo presidente.
Di seguito, alcune locandine dell’epoca per promuovere il Gran Sasso d’Italia nella vicina Roma (prima 3 ore di distanza, oggi a un’ora di auto).
La Perdonanza Celestiniana
La Perdonanza Celestiniana è un evento unico nel suo genere, che si svolge ogni anno durante l’ultima settimana di agosto nella città di L’Aquila, ripercorrendo una tradizione millenaria legata alla figura di Pietro da Morrone alias Papa Celestino V. Durante questa manifestazione, che si tiene dal 1294, la città si anima di riti religiosi e celebrazioni popolari, culminando il 28 agosto con l’apertura della Porta Santa della Basilica di Santa Maria di Collemaggio. Migliaia di fedeli e visitatori affollano le strade della città per ottenere l’indulgenza plenaria e partecipare alle processioni e alle liturgie che celebrano il perdono e la riconciliazione. La Perdonanza Celestiniana è un momento di profonda spiritualità e devozione, che unisce la comunità aquilana in un gesto di fede e speranza, rinnovando ogni anno il legame tra la città e la sua storia millenaria.
La sua origine risale addirittura alla fine del 1200. In quel periodo un eremita, Pietro Angelerio del Morrone, si era rifugiato in un’abbazia fuori dalle mura dell’Aquila. La zona era quella chiamata Colle di Maggio. Secondo la leggenda, Pietro assistette alla comparizione della Madonna proprio sul colle.
Dopo l’apparizione, l’eremita riuscì a far avviare i lavori di costruzione della basilica di Santa Maria di Collemaggio. Era il 1294 e la Chiesa stava affrontando un periodo difficile dopo la morte di Papa Niccolo IV. L’elezione del nuovo Papa fu complessa e la scelta ricadde alla fine proprio su Pietro, che salì al soglio pontificio con il nome di Celestino V.
La gastronomia aquilana
Anche in questo campo, la gastronomia aquilana è un vero e proprio scrigno di sapori autentici e tradizioni culinarie radicate nella storia e nella cultura locale. La cucina dell’Aquila e del suo territorio si distingue per la semplicità degli ingredienti e per il rispetto delle materie prime, che vengono valorizzate attraverso ricette tramandate di generazione in generazione.
Tra le tipicità gastronomiche più rinomate della zona, spicca sicuramente la tradizione pastorale, che ha dato vita a piatti rustici e genuini, perfetti per affrontare le rigide temperature dell’Appennino come il formaggio pecorino, i salumi di maiale tra cui spicca la Mortadella di Campotosto, la cigolana (salsiccia) di fegato aquilana, il salame aquilano che si caratterizza per la forma schiacciata ed è preparato con carne di puro suino, legato a mano e schiacciato come da antiche tradizioni con delle tavole di legno.
Altra prelibatezza aquilana è sicuramente il pane casareccio grazie alla presenza sul territorio di grani antichi dalle altissime qualità come la Saragolla e il Senatore Cappelli. Ma anche il Torrone Tenero Aquilano, un’antica tradizione che risale al 1835.
L’invenzione del torrone tenero si attribuisce storicamente al pasticcere aquilano Ulisse Nurzia, che coniugò nella sua ricetta l’esperienza maturata a Parigi e nell’Italia settentrionale con le materie prime presenti nella valle dell’Aterno come le nocciole e il miele e il cacao svizzero commercializzato dalla ditta di famiglia.
Diverso da quelli finora conosciuti, il torrone tenero aquilano ebbe sin da subito uno strepitoso successo e oggi è un P.A.T. ovvero un Prodotto Agroalimentare Territoriale proprio per la sua forte connessione con il territorio.
Per finire, nella zona della provincia aquilana che da montana diventa media montagna, nelle zone di Vittorito e della Valle del Tirino, troviamo invece, una ricca produzione di vino e olio extra vergine, che contribuiscono ad arricchire e valorizzare la gastronomia aquilana, rendendola un’esperienza unica e indimenticabile per i palati più esigenti.
Tra le specialità più amate c’è la “pecora a ju cotturu” (o alla callara) è un’antica ricetta tipica della tradizione abruzzese, diffusa soprattutto nella fascia montana, in particolare nell’area marsicana, nella conca aquilana e nella zona dei Monti della Laga. Il piatto risalirebbe ai tempi della transumanza quando, lungo il cammino dagli Abruzzi al Tavoliere delle Puglie, i pastori consumavano le pecore morte di fatica oppure quelle azzoppate o ferite – un tempo gli animali erano una risorsa, prima ancora di essere cibo, le pecore erano lana prima che formaggio o carne – cuocendole in appositi paioli di rame, detti appunto cottora, cotturo o callara, sorretti da un treppiede e un gancio sopra il fuoco vivo.
Non si può parlare della gastronomia aquilana senza menzionare i “maccheroni alla chitarra“, un piatto simbolo della tradizione culinaria abruzzese. Questa pasta fresca, viene tirata e tagliata con uno speciale attrezzo chiamato “chitarra”, che conferisce alla pasta una particolare forma quadrata e una consistenza ruvida ideale per trattenere i condimenti. Tradizionalmente i maccheroni alla chitarra vengono conditi con delle polpettone (pallottole come le chiamiamo in Abruzzo) di carne o con una salsa di pomodoro e pecorino, creando un connubio di sapori robusti e avvolgenti, ma può essere condita a nostro gusto e piacimento. Io per esempio, mi sono divertita a proporla in una veste completamente primaverile, gustosa e sana, così:
Un’altra ricetta tipicamente aquilana è sicuramente la pizza dolce di Pasqua, considerato un cibo che ci si poteva permettere solo una, due volte l’anno o nelle occasioni speciali. Questo perché era riconosciuto come un dolce ricco d’ingredienti speciali, che la gente comune non sempre poteva permettersi come l’uva passa, le spezie (semi di anice e cannella) e canditi, impastati con una preparazione di zucchero, farina, uova e strutto attualmente sostituito sempre di più da olio extravergine di oliva o burro.
Secondo la tradizione, i preparativi per la pizza dolce di Pasqua hanno inizio il giorno di Venerdì Santo in modo che possa lievitare e riposare per due giorni prima della cottura. Si comincia la mattina preparando la biga, un panetto di farina e lievito che si lascia riposare per diverse ore e si rimpasta aggiungendo altra farina, zucchero, uova, strutto ed ingredienti dolci. Passata un’altra notte di lievitazione, il sabato mattina si procede con un altro impasto e lo si fa riposare per una terza volta fino al raddoppio del suo volume. In alcune zone dell’Italia centrale era usanza (e qualcuno lo fa ancora) far benedire l’impasto prima di cuocerlo. Sabato sera è il momento della cottura in forno, in modo che il dolce possa esser servito per la colazione della Domenica di Pasqua.
Se volete immergervi in questa profumatissima tradizione, anche qui, vi lascio la video ricetta:
Il patrimonio culturale dell’Aquila, città territorio
L’Aquila e i suoi dintorni sono un vero e proprio scrigno di tesori culturali. Si pensi che la provincia dell’Aquila è una delle più estese d’Italia tanto che conta 108 comuni per una superficie di 5.047 Km².
Ed è proprio nella sua provincia che si trovano borghi antichi che custodiscono tesori nascosti e raccontano storie millenarie. Attraversando questa terra, ci si imbatte in autentici gioielli dell’architettura e della cultura, incastonati in scenari naturali di rara bellezza.
I borghi della provincia dell’Aquila offrono un’esperienza autentica, lontana dal caos della vita moderna. Attraverso le strette viuzze di pietra e i suggestivi vicoli tortuosi, si scoprono antichi palazzi nobiliari, chiese romaniche e castelli medievali che testimoniano il passaggio di epoche passate.
Ma è soprattutto la natura che regna sovrana in questi luoghi incantati, circondati da un paesaggio selvaggio e incontaminato, fatto di verdi campagne, boschi secolari e montagne imponenti. Qui, gli amanti della natura possono godere di escursioni panoramiche, passeggiate tra i sentieri boschivi e avventure in mezzo alla fauna e alla flora locali.
Ogni borgo ha il suo fascino unico e caratteristico. Da Castel del Monte, immerso nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, con le sue case di pietra e le viste spettacolari sulla piana di Campo Imperatore, che grazie a Fosco Maraini è noto anche come il piccolo Tibet, a Scanno, con le sue strette vie lastricate e i balconi fioriti che si affacciano sul lago omonimo, ogni angolo della provincia dell’Aquila offre emozioni indimenticabili e panorami mozzafiato.
L’Aquila: una città che risorge
Per me, come aquilana profondamente innamorata e fiera delle mie radici, questa nomina di L’Aquila a Capitale Italiana della Cultura del 2026 ha un significato particolarmente emozionante. La città ha attraversato momenti difficili nelle diverse epoche storiche. Ma L’Aquila ha dimostrato una straordinaria resilienza e determinazione nel ricostruire il proprio tessuto sociale, culturale ed economico.
Questa nomina importante e prestigiosa non è stata ottenuta a caso, ma è il frutto di anni di impegno e sacrificio da parte di tutti coloro che credono nel potenziale di questa città. L’Aquila, e gli aquilani, sono davvero ripartiti da zero, e la sua rinascita è un esempio di speranza e coraggio per tutto il paese.
In conclusione, L’Aquila si conferma come una destinazione imperdibile per chiunque desideri immergersi nella storia, nella cultura e nella bellezza della natura. La sua nomina a Capitale Italiana della Cultura per il 2026 rappresenta un riconoscimento dell’importanza e del valore del suo ricco patrimonio, che attende solo di essere scoperto e apprezzato da visitatori provenienti da tutto il mondo. Altrettanto imperdibili sono i borghi della provincia dell’Aquila, dove la bellezza della natura si fonde con il fascino del passato, creando un’atmosfera unica e suggestiva.
Visitare questi luoghi significa immergersi in un viaggio nel tempo e nella natura, lasciandosi conquistare dalla loro autenticità e dalla loro straordinaria bellezza.